Ecco l’ unico bene: avere fiducia in sè stessi.
Renditi felice con le tue forze.
Seneca – Lettere a Lucilio
Seneca ci dice chiaramente che la chiave per la felicità sta nella fiducia in sé stessi.
Verità lapalissiana del resto, è una cosa che sappiamo tutti.
E perché allora, non riusciamo ad essere felici o quanto meno non sempre? Mi direte: “ eh ma è difficile avere fiducia in sé stessi”.
Si e no. Vediamo perché.
DISTINGUERE COSA E’ LA FIDUCIA IN SE’ STESSI DA COSA PENSIAMO CHE SIA
In una delle sue Lettere a Lucilio, Seneca esorta il suo amico ad avere fiducia in sé stesso e ad essere il fautore unico della sua felicità.
La cosa a mio avviso interessante è il fatto che spiega anche come fare: basta smettere di “affaccendarsi” su cose o attività fini a sé stesse.
Attenzione: non suggerisce l’apatia e una sorta di immobilità per cui non dovremmo fare nulla.
Si tratta di occuparsi delle cose che ci succedono in quanto parti integranti di una società ma guardandole con distacco. Come un qualcosa di necessario ma neutro, senza connotati positivi o negativi.
Perché siamo infelici? E perché non abbiamo fiducia in noi stessi?
Perché come spesso succede facciamo confusione o meglio siamo ignoranti e l’ignoranza è l’origine di tutti i mali.
IGNORIAMO, CONFONDIAMO E NON LO SAPPIAMO …
Confondiamo le nostre attività lavorative e sociali con noi stessi tanto da avere un’identità in relazione 1 a 1 con questi aspetti.
Un esempio: quando ci chiedono “Che lavoro fai” quasi sempre rispondiamo con un “Sono un/una …”. Abbastanza raramente sento dire “Faccio il/la …”
Capite fino a che punto siamo condizionati? Non sottovalutate le “etichette” che ci auto attribuiamo perché sono in grado di plasmare la nostra identità.
E’ questa cosa che, più di qualsiasi altra, a mio avviso ci rende insicuri: ci forziamo ad essere ciò che non siamo perché confondiamo chi siamo con cosa facciamo.
Altro esempio che rende molto bene l’impatto di questa confusione sulla fiducia in noi stessi: se facciamo un lavoro e il nostro capo o cliente lo criticano andiamo in paranoia.
Perché?
Perché ci identifichiamo con il lavoro stesso e inconsciamente associamo la critica alla nostra persona e quindi diventiamo insicuri.
Non ricordo dove l’ho letta, ma c’è una domanda che manda un po’ in tilt la mente ed è un ottimo esercizio che, almeno per quanto mi riguarda, mi aiuta a mettere a posto le cose.
Questa domanda è:
Chi sei tu senza il tuo nome, il tuo lavoro o professione, senza le tue amicizie e relazioni?
Bisogna rispondere a questa domanda per essere felici.
Del resto, questa domanda altro non è che lo “Gnothi Seauton” dell’Oracolo di Delfi che torna nei millenni a ricordarci qual è il nostro vero scopo nella vita.
Individuato quello, individuato il nostro Daemon, e realizzandolo secondo la Giusta Misura, troviamo la Felicità.
Il resto è solo rumore di fondo.