Niente basta a chi non basta ciò che è sufficiente
Epicuro
Epicuro, il “rivale” di Zenone (fondatore della Stoa), non aveva poi le idee così diversi dai nostri Stoici, vero?
Al di là di fazioni filosofiche che lasciano il tempo che trovano e non sono di nessun aiuto, cosa vuole intendere Epicuro?
Qual è il metro di paragone che definisce il “sufficiente” dal “superfluo”?
DIVERSI LIVELLI DI NECESSITA’
Farsi bastare il sufficiente risulta sempre come una frase fatta infatti, chi sancisce cosa è sufficiente?
Fare medie aritmetiche è molto pericoloso in questo contesto perchè va calato in modo costante nella realtà specifica.
Il “sufficiente” è qualcosa che cambia nel tempo, anche a parità di persona ma non a parità di condizioni.
Un esempio: ciò che non solo è sufficiente ma addirittura necessario in una città come Milano, per lo meno in termini di potere di acquisto, è più che abbondante se non addirittura superfluo in un piccolo borgo del Sud Italia.
Oltre a questo la “sufficienza” suona sempre come qualcosa di vagamente negativo, un accontentarsi senza però essere pienamente soddisfatti ed è un grosso errore questo approccio.
E allora come se ne esce? Come si capisce come individuare il confine tra sufficienza ed eccesso cercando di vivere la prima con un connotato molto più positivo di quello che le riserviamo?
CAPIRE IL CONTESTO
Bisogna, come in tutte le cose, applicare il concetto al contesto e interpretarlo secondo le giuste chiavi di lettura.
A mio avviso il contesto è da leggersi con riferimento alla propria condizione attuale e la chiave di lettura è ovviamente l’equilibrio.
Epicuro stesso ci insegna che il Piacere è un corpo sano e un animo tranquillo guidato da una razionalità pura. Punto.
Chi pensa che Epicuro propugni party a tarda notte a base di vino e sesso è lontano anni luce e non ha mai palesemente letto Epicuro ma questo è un altro tema.
Tornando a noi, la chiave della sufficienza è nell’equilibrio di un corpo sano che a sua volta offre solide basi per un animo sereno.
Tutto ciò che eccede la salute e la tranquillità e sfocia nell’eccesso (e quindi ovviamente si allontana dall’equilibrio) non sarà mai sufficiente.
Come mai? Perchè si esce dal regno dei bisogni naturali e si entra in quello dei desideri irrazionali e a questi, così come pure alle paure generate dalla mente, non c’è letteralmente un fine.
RAZIONALITA’ E MINIMALISMO
Come si traduce questa considerazione nella vita quotidiana? Con delle semplici domande:
- Come mi sento fisicamente?
- Come sto emotivamente?
- Ciò che in questo momento desidero mi serve davvero per la salute del corpo e la tranquillità dell’Anima o è superfluo?
Ad ogni domanda bisognerebbe indagare e capire qual è la vera risposta. Soprattutto all’ultima.
Se ad esempio desideriamo l’ennesimo libro, vestito, paio di scarpe, cellulare, automobile, barca a vela, elicottero, areo, villa, isola, nazione, continente e così via all’infinito, prima di metter mano al portafoglio facciamo il tentativo di chiederci da dove nasce il bisogno e soprattutto cerchiamo di risponderci con sincerità.
Spesso i desideri e i bisogni indossano maschere e spesso queste maschere, purtroppo, sono molto più piccole rispetto al viso che devono coprire.
Un bisogno continuo di libri ad esempio (e parlo per esperienza personale) è la maschera di un bisogno di maggiore sicurezza in sè stessi e forza che non troveremo mai tra le pagine di qualche manuale (anche se fosse di Seneca, Epitteto, Musonio Rufo, Zenone o chi per loro).
Togliamo le maschere ai desideri, con coraggio. Ci renderemo conto che è tutto a portata di mano e che davvero serve ben poco dall’esterno per trovare Piacere nella sufficienza.
La rinuncia non è sacrificio ma è un passo verso la Libertà, soprattutto se è una rinuncia consapevole.
E, anche se dovessimo sentirlo come un sacrificio, ricordiamoci che questo termine deriva da “sacrum facere” cioè compiere un atto sacro.
Teniamolo a mente.